COVID E LAVORO, DOBBIAMO USCIRE DA LOGICA EMERGENZIALE
Manifatturiero e ammortizzatori sociali “blindano” la regione, ma a pagare un prezzo ancora troppo alto sono donne e precari
Se il piano vaccini inizierà a mettere in sicurezza la popolazione del Friuli Venezia Giulia dal Covid, occorrerà trovare una ricetta altrettanto efficace per rafforzare l’economia regionale, oggi tutto sommato “blindata” dal manifatturiero e dall’ampio ricorso agli ammortizzatori sociali, ma ancora molto a rischio sul fronte dell’occupazione, con alcune fasce di lavoratori che continuano a soffrire pesantemente gli effetti della pandemia, primi fra tutti i precari e le donne. “Dal Governo in via di costituzione, e a ricaduta da quello regionale – commenta il segretario generale della Cisl Fvg, Alberto Monticco – ci aspettiamo di uscire dalla logica emergenziale, con l’avvio di investimenti e riforme strutturali: è vero che l’ampio utilizzo della cig nel 2020 (6.971.818, le ore autorizzate con causale riferita al Covid) ha permesso di preservare il più possibile i redditi delle famiglie e la capacità produttiva delle imprese, ma è anche vero che quando questi strumenti giungeranno a scadenza il rischio è che molti posti di lavoro vadano persi, specialmente nei settori più vulnerabili e a danno dei lavoratori già fragili”.
Tra questi, vi è sicuramente il lavoro precario. Basti pensare – si legge in un Report della Cisl Fvg sull’occupazione basato sull’Osservatorio interno del Sindacato e i dati Inps – che i nuovi rapporti di lavoro attivati in Friuli Venezia Giulia sono diminuiti di un terzo, se si confronta il periodo gennaio-settembre 2019 con l’analogo del 2020. A pagare il conto più alto è la somministrazione (-44%), seguita dai rapporti di lavoro a termine (-32,8%), dall’apprendistato (-30,5%) “cosa gravissima perché così si toglie la possibilità ai giovani di testarsi con il mercato del lavoro e di fare esperienza”, stagionale (-28,6%) ed intermittente (-27,1%).
“Purtroppo – evidenzia Monticco – questo non significa che, a fronte di un minor numero di contratti precari corrisponda un aumento di quelli stabili, ovvero che ci sia un riversamento dai contratti precari a quelli a tempo determinato o, ancor meglio, indeterminato”. In particolare – aggiunge la nota della Cisl Fvg – preoccupa molto il lavoro in somministrazione, che registra un netto calo, con un dimezzamento sostanziale delle assunzioni (confronto secondo trimetre 2019-2020). Se nel 2019, infatti, queste ammontavano a 9.322, nel 2020 sono scese a 4.995, andando ad impattare soprattutto sulla componente maschile della forza lavoro. Un dato molto preoccupante, che si aggiunge a quello già drammatico riguardante le donne. Così, a fronte delle 5.763 unità registrate nel secondo trimestre 2019, nel 2020 gli uomini sono scesi a 2.634. Più contenuta, come si diceva, la contrazione della componente femminile passata da 3.559 a 2.361. A soffrire sono soprattutto i lavoratori legati ai servizi, mentre, anche in regione, tengono meglio quelli che operano all’interno del comparto industriale.
Resta poi preoccupante, per la Cisl Fvg, anche la forte distorsione nella gestione delle competenze. “L’incremento di occupati maggiormente istruiti non viene assorbito in misura sufficiente dall’aumento della domanda per le professioni ad elevata specializzazione o qualificazione. In altri termini, stiamo sottoutilizzando il capitale umano con un impoverimento complessivo del nostro mercato del lavoro, sempre più frammentato e povero. Una situazione che va superata attraverso piani di formazione efficaci, riqualificazione di qualità e politiche attive del lavoro capaci di valorizzare le competenze: solo con questo nuovo assetto potremmo prepararci alle sfide del lavoro che il Covid ci ha posto davanti”.